Saluto del segretario del Consiglio Pastorale
“Lo riconobbero nello spezzare il pane”
Gesù dopo la sua morte si mostrò ai suoi amici discepoli come un pellegrino, viandante di un mondo che cercava costantemente l’AMORE, senza accorgersi che gli stava accanto.
Ma un gesto di comunione come lo spezzare il pane fa riscoprire la fede a chi la cerca.
Caro don Francesco, ancora oggi le persone riconoscono un sacerdote da questo gesto di consacrazione e condivisione
La cosa più bella è che la comunità di San Filippo Neri ha scoperto il volto di Cristo nel tuo spezzarti per le varie realtà che animano la collettività parrocchiale
In questi due anni ci hai accompagnato nel nostro cammino di fede mettendoti in ascolto come se fossimo tuoi discepoli….ed ora è bello scoprirti sacerdote, riconoscere nella tua vocazione ed ordinazione il volto di Cristo
San Filippo Neri, patrono della nostra comunità, per il suo carattere burlone fu chiamato giullare di DIO!
Ispirandoci alla sua figura vogliamo augurarti di diventare un sacerdote della GIOIA, perché tu possa rianimare tutte le comunità che il Signore desidera affidarti ed accompagnare.
Buon cammino don Francesco, dalla comunità di San Filippo Neri
Carissimo don Francesco,
una preghiera attribuita ad un anonimo fiammingo del XIV secolo, e che certamente conosci, dice:
Cristo non ha mani
ha soltanto le nostre mani
per fare oggi il suo lavoro.
Abbiamo visto un’opera dell’artista Genti Tavanxhiu, una ricerca scultorea in legno di castagno, che rappresenta, in maniera nuova, non convenzionale, un Gesù crocifisso “senza mani” … e abbiamo pensato di fartene dono.
Vuole essere il dono di tutta la comunità di san Filippo Neri, perché il tuo sguardo non perda di vista Colui che ha dato la vita anche per te. Forse non sono capitate a caso le parole di San Paolo:“l’amore del Cristo ci possiede… egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro”.
Ti auguriamo di vivere la tua missione, di cristiano e di prete, dando concretezza all’amore di Dio. Ti auguriamodi usarele tue mani non solo per benedire e consacrare, ma soprattutto per servire e per curare.
Carissimo don Francesco sei stato ordinato nei giornisegnati dalla pandemia: non dimenticare, come dice il papa, che la Chiesa oggi è come ‘un ospedale da campo’! C’è bisogno di preti che, come hanno fatto tantissimi nostri medici, non si risparmiano, ma lavorano infaticabilmenteper salvare vite, per chinarsi, teneramente e delicatamente, sulle ferite di ogni tipo e di ogni persona.
Caro don Francesco,non avere paura, come i discepoli, di fronte alle tempeste che incontrerai: tu sai che siamo nelle mani di quel Gesù che comanda ai venti e al mare, che sa fa tornare la bonaccia! E sai che con te ci siamo anche noi!
Carissimo Francesco,
abbiamo visto che hai già messo nell’armadio della sagrestia alcune casule che ti hanno regalato. Vorremmo aggiungere anche quella della comunità di san Filippo Neri. E una casula di color Rosso. Racconta di passione e di sangue, cioè di vita donata per amore. La userai per celebrare le feste dei martiri.
E’ un modo per augurarti, non solo di presiedere l’Eucarestia, ma anche di viverla, traendo da essa la forza per dare la tua vita come Gesù. Sii non solo un prete credente, ma credibile, mettendo la passione nel tuo servizio, testimoniando Cristo, morto e risorto per noi!
Nella lettera che ti abbiamo scritto, ricordavamo le parole del santo vescovo don Tonino Bello, che suggeriva di aggiungere nell’armadio dei paramenti anche un grembiule. Egli scriveva che, ordinariamente, non è un articolo da regalo, ma “è l’unico paramento sacerdotale registrato dal vangelo…la stola e il grembiule sono quasi il diritto e il rovescio di un unico simbolo sacerdotale, la stola che fa ministri del Vangelo ed il grembiule che fa “lavapiedi del mondo”.
Ed allora aggiungiamo davvero un grembiule, dove abbiamo riportato le parole di un canto: “amare è servire”. Grazie, perché da quando sei arrivato ti sei messo a servizio di tutti, ricordati sempre dei più poveri, di quelli che il mondo continua a scartare, ma che Dio profondamente e particolarmente ama.