Abbiamo da poco concluso degli incontri con le coppie che celebreranno il loro matrimonio nel 2023. Pochi momenti ma davvero belli! Ho percepito il desiderio di vivere la straordinaria bellezza dell’amore sponsale e, allo stesso tempo, il grande impegno nella preparazione della festa, a partire dall’organizzazione del banchetto nuziale: gli inviti, il menù, la disposizione della sala. Tutto questo mi fa pensare alla Pasqua che celebriamo, perché anch’esso è un banchetto nuziale. Mosè, come racconta il libro dell’Esodo, dà indicazioni precise come preparare la cena pasquale: “ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. E’ la Pasqua del Signore”. Anche Gesù chiede ai suoi discepoli di prepararla con cura, come fosse un pranzo di nozze. Dovremmo imparare dagli sposi a preparare la celebrazione dell’Eucarestia, con la stessa cura, come fa il popolo di Israele, come hanno fatto gli apostoli. Stiamo infatti vivendo un banchetto nuziale: Gesù è lo sposo e noi, la Chiesa, la sua sposa. Nel tempo il Signore ci ha corteggiato, ci ha incantato con la sua parola di verità, ci ha conquistato con i suoi gesti di tenerezza, ci ha amato fino alla fine, a tal punto da diventare, ed ora nell’Eucarestia, desidera diventare “una carne sola” con noi.
Nella lettera ai Corinzi S. Paolo racconta: “il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. I padri della Chiesa, non a caso, hanno descritto l’altare come il talamo nunziale: le tovaglie bianche sono le lenzuola, il pane spezzato è il corpo di Cristo sposo e l’assemblea è il corpo della Chiesa sposa, e nella comunione si diventa “una cosa sola”.
E’ davvero un momento bello quello che stiamo vivendo: mentre facciamo memoria della Cena del Signore, viviamo questa intima unione con Cristo, che ha per noi stupende parole d’amore: “questo è il mio corpo, che è per voi”.
Ecco perché i martiri di Abilene (Tunisia) nel 303 affermavano: “senza domenica non possiamo vivere!”, cioè non possiamo vivere senza fare pasqua, senza celebrare l’eucarestia, senza unirci col Corpo di Cristo. Come uno sposo non può vivere senza unirsi con la sua sposa e come una sposa che non può vivere senza unirsi al suo sposo.
Ora le sei coppie dell’Equipe Nostre Dame qui davanti all’altare, i genitori che hanno accompagnato i propri figli che riceveranno in questo anno la prima comunione, le famiglie presenti, ci ricordano che è attorno a questa mensa della Parola e del Pane che ci si educa e si trova la forza per vivere la vocazione sponsale. La vocazione a vivere un amore come quello che nutriamo nei confronti del Signore, non sempre facile, perché può incontrare rinnegamenti e tradimenti.
Nelle pagine della Scrittura, appena ascoltate, notiamo alcune sottolineature. Dice l’apostolo che Gesù vive la Pasqua “nella notte in cui veniva tradito” e l’evangelista Giovanni scrive che “durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo”, il Signore ama i suoi fino alla fine. Purtroppo le relazioni, anche quelle sponsali, possono conoscere anche il tradimento. Il nostro fratello Giuda stasera ci ricorda che si può tradire anche il Signore, lo sposo fedele, e l’apostolo Pietro che si può rinnegare quella persona alla quale abbiamo detto di essere disposti a dare la vita.
Ma Cristo “fa la comunione” per primo proprio a Giuda, e a Pietro affida addirittura la sua Chiesa. Sembra proprio che, al tradimento, Dio risponda con un supplemento d’amore. Purtroppo, non sempre, queste cose avvengono nella vita di coppia, per cui alcuni reagiscono come Giuda che, non credendo nella possibilità del perdono, decide di farla finita, altri reagiscono come Pietro che, al triplice rinnegamento, risponde con una triplice dichiarazione di nuovo amore. Da qui la necessità che le famiglie si ritrovino a celebrare l’Eucarestia, ogni domenica, per imparare ad amare da Cristo, un amore che conosce sempre il risorgere. Dalla comunione con Cristo si attinge la forza per vivere la comunione tra i coniugi, la comunione all’interno della famiglia.
A volte può capitare che legami sacramentali si spezzino, ma se proprio non si riesce a riappacificarsi, è importante almeno non finire ad accusarsi davanti agli avvocati, non covare odio e rancore per il coniuge, non ridursi a condannare, rinfacciare, giudicare, sostenendo che la colpa è sempre dell’altro. Non è facile, ma con Gesù tutto diventa possibile! Anche amare l’inamabile!
Come sarebbe bello se la Pasqua fosse l’occasione, per le famiglie che stanno vivendo situazioni difficili, per compiere gesti di pacificazione, di riconciliazione, di perdono. Certamente ne gioirebbero anche i figli!
Ma fermiamo l’attenzione su un’espressione del Vangelo di Giovanni: “Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. In questa notte ci viene detto, non solo fino a dove arriva l’amore di Dio, ma anche fino a dove deve arrivare il nostro amore: “vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Un amore non fatto di parole, ma di gesti concreti: l’amore che porta a chinarsi fino ai piedi dell’altro, non per notare la sporcizia ma per lavarla: “versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto”. Che mistero grande! Un Dio che non si fa servire ma che ci serve! Un Dio che non giudica ma redime!
Quanto c’è da imparare anche per le famiglie! L’amore non è questione di tante parole, né di bei sentimenti, tantomeno di forti emozioni. L’amore è dire ad una persona: “sono qui per servirti!”. Questo è l’amore degli sposi: essere, con gioia, l’uno servo dell’altro. Questo è l’amore dei genitori: essere, insieme, a servizio dei figli! Questo è l’amore di Cristo sposo: chinarsi fino a lavare i piedi della Chiesa sua sposa. Ed è interessante questo chinarsi sui piedi perché dice una virtù essenziale per amare: l’umiltà! Chi ama non guarda l’altro dall’alto, ma si abbassa fino ai piedi della persona amata…certamente non far notare che sono sporchi, ma pulirli e profumarli. Questo è importante!
Lo sguardo di Dio non si ferma sulle nostre brutture, ma si posa sulle nostre bellezze, così anche noi non possiamo fermarci ad evidenziare le cose negative, che pur ci sono, ma dobbiamo impegnarci a scoprire le positività dell’altro. E’ come se uno, in questo cambio di stagione, vedesse solo i rami rinsecchiti dell’inverno appena passato, e non i germogli che spuntano qua e là a primavera! Sì, questo è il tempo per sprigionare tutto il bene e il buono che portiamo nel cuore!
Fra poco laveremo i piedi a sei coppie, ed in esse la Chiesa desidera lavare i piedi a tutte le famiglie, per ricordare che nella ‘grande famiglia’ della Chiesa, ‘ogni famiglia’ è chiamata ad amare come Gesù, fino alla fine, mai vivendo per se stessi, ma facendo dono di tutta la propria vita, a cominciare da dentro casa, fino ad arrivare a chi casa non ha!
E a questo banchetto cari ragazzi siete invitati anche voi! Siete qui, anche se ancora piccoli, per imparare, con l’aiuto dei vostri cari, ad amare come Gesù. Il mondo vi spinge a fare i bulletti, vi insegna a disprezzare chi è più debole e, crescendo, vi dirà che è bene portare in tasca anche un coltello…non credeteci! Credete a Gesù che ci insegna fare della nostra vita un dono, a sostenere chi è più fragile, a fare sempre la pace. Cercate di incontrare Gesù nell’Eucarestia, nella catechesi, nella comunità ogni settimana. Non basta giocare bene a pallone, o essere bravi a scuola, per diventare grandi. Son cose belle e positive, ma ci vuole qualcosa di più: vivere l’amicizia tra di noi e soprattutto con Gesù, colui che ne sa molto di più dei vostri genitori, dei vostri insegnanti, dei vostri catechisti. Al termine della Messa, a voi che ancora non potere fare la comunione, sarà consegnato un pane da spezzare insieme, in famiglia, per imparare, fin d’ora, a fare della vita “come un pane spezzato” per gli altri. Non si può vivere la comunione con Gesù se non siamo in pace con papà, con mamma, con i nonni, con gli amici e, se non impariamo a condividere, ciò che siamo e ciò che abbiamo, soprattutto con chi è meno sfortunato di noi.
Ma a questo banchetto sponsale è legata anche la vita di noi preti. Oggi pomeriggio ho visto in Tv la lavanda dei piedi che papa Francesco ha fatto in carcere. Vi confesso che mi sono commosso guardando la gestualità del papa: non ha solo lavato i piedi, li ha baciati e poi ha guardato questi giovani e queste ragazze negli occhi, salutandoli. Ho riconosciuto il linguaggio della tenerezza, della vicinanza, della compassione, tipico degli sposi ed ho pensato come, anche noi preti, dobbiamo essere degli innamorati di Gesù e della sua Chiesa, in particolare della comunità che ci è affidata. Pregate per me, pregate per don Gabriele, pregate per noi preti, perché possiamo servire la comunità comunità come Cristo sposo serve la Chiesa sua sposa, disponibili sempre a lavare i piedi, specie dei piccoli e degli scartati. Aiutateci a creare armonia e concordia nella comunità, come si fa dentro casa. Nella Messa crismale di questa mattina papa Francesco, ancora una volta, ha ricordato a noi preti di essere umani, a partire dalla gentilezza, perché la gente non trovi persino in noi “persone insoddisfatte, persone scontente, zitellone, che criticano e puntano il dito…”. Un modo di dire che anche noi preti dobbiamo vivere la dimensione sponsale della vita! Ed ha affermato: “Quanti non si avvicinano o si allontanano perché nella Chiesa non si sentono accolti e amati, ma guardati con sospetto e giudicati! In nome di Dio, accogliamo e perdoniamo, sempre!”.
Ed infine vorrei fare mie le parole del vescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia: “E voi, fratelli e sorelle tutti, benedite i vostri preti. Anche quando non sono come li vorreste, anche quando non provate per loro naturale simpatia, anche quando – in un tempo di cambiamento come questo – fanno fatica come tutti a camminare speditamente. Benedite la loro umanità, che è fragile come la vostra e, insieme, senza giudizi, percorrete i sentieri della Pasqua, quei sentieri che trasformano il sangue in luce, le stimmate in sorgenti di vita, la morte in vita risorta! Siate davvero un corpo solo e, nell’uguale dignità dei figli, ricordatevi di essere davvero e fino in fondo fratelli e sorelle! Tenetevi per mano, fuggite ogni mentalità di potere e mettete al centro della vostra idea di comunità il Sacramento dell’Eucarestia e il segno della lavanda dei piedi: che il Pane donato, consacrato, ricevuto, condiviso ci aiuti a “non tollerare la sedentarietà”, come scriveva don Tonino Bello, e insegni alle nostre comunità a fare del servizio gratuito, totale e disinteressato la cifra della sequela autentica di quel Maestro che non è venuto per essere servito ma per servire! Si, e quando la stanchezza vi assale, quando lo spaesamento vi confonde, quando i cambiamenti vi spiazzano, alzate lo sguardo e guardate a lui”.
Carissimi gli innamorati non finiscono mai di contemplarsi. Amano a volte rimanere in silenzio e semplicemente guardarsi, senza troppe parole. Questa notte anche noi potremo fermarci fino a mezzanotte a contemplare Gesù. Anche l’addobbo, tipicamente sponsale, preparato dagli scout e dal alcuni amici, ci aiuterà a riconoscere in Gesù lo Sposo. Ci lasceremo amare, per diventare capaci anche noi di amare fino alla fine. Questa notte lasciamoci avvicinare da Gesù e, se non sentiamo il calore della sua carezza, uscendo, andiamo a cercarla in chi è solo e abbandonato: a lui piace utilizzare le loro mani per accarezzarci!