Ci sono parole di speranza nel libro del profeta Isaia: “ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te”. Nel buio del mondo c’è una luce come è quella delle stelle che splendono nella notte: è Gesù luce del mondo! La festa dell’Epifania è una festa di luce e la cosa bella è cha la luce arriva ovunque senza distinzione. Dio infatti si rivela a tutti, non solo al popolo di Israele, come testimonia il racconto dei Magi. Purtroppo an cora oggi facciamo tante polemiche inutili, simili a quelle di Erode, dei sacerdoti del tempio, degli scribi e farisei che pensavano di poter rinchiudere Dio dentro i loro rigidi schemi. Per il Signore siamo tutti figli, amabili in quanto tali! Questo è il mistero grande che ci è stato rivelato: “che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.
C’è poi una domanda dei magi che fa pensare. Dicono ad Erode: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». Dio non si rivela negli splendori del tempio di Gerusalemme ma nelle periferie di un piccolo paese come Betlemme, non si manifesta nei palazzi dei potenti ma in una casa dove abita un’umile famiglia, non si fa conoscere attraverso segni straordinari ma nella luce di una stella e nelle Parola della Scrittura. Tutto questo vuol dire che se vogliamo incontrare Dio dobbiamo anche noi incamminarci verso le periferie, dobbiamo riscoprire il valore della povertà, della condivisione, della solidarietà con i più piccoli e gli ultimi perché lì Dio si fa incontrare.
Il racconto del Vangelo si conclude raccontando di gesti dei Magi, prima di congedarsi: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”.
Si prostrano ed adorano. La parola adorare vuol dire “portare alla bocca”, cioè baciare. Tutto questo è bellissimo! Dio si fa uomo perché l’uomo possa baciarlo. Dove l’uomo ha questo desiderio e questo amore, lì Dio nasce ancora oggi. E a questo Dio possiamo offrire il nostri doni, cioè l’oro dei nostri talenti, la mirra delle nostre sofferenze, l’incenso della nostra preghiera perché, come in ogni rapporto d’amore, anche con il Signore c’è uno scambio di doni, perché mai Dio vuol mortificare la nostra pochezza.
Vorrei concludere con un’espressione di papa Francesco che commentando questo passo del vangelo ha detto: “La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo. A sessant’anni dal Concilio, ancora si dibatte sulla divisione tra “progressisti” e “conservatori”, ma questa non è la differenza: la vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Questa è la differenza. Solo chi ama può camminare”.