DOMENICA DELLE PALME 10 APRILE 2022
“Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto”. Dal monte degli ulivi inizia l’entrata festosa di Gesù in Gerusalemme per l’ultima Pasqua:
Al Getsemani Gesù torna la notte: “Durante il giorno insegnava nel tempio; la notte, usciva e pernottava all’aperto sul monte detto degli Ulivi”. Quegli ulivi sono stati testimoni della lotta di Gesù davanti alla croce, del suo pregare e del suo sudare sangue; quegli ulivi sono stati testimoni del tradimento consumato con un bacio; quegli ulivi hanno visto tirar fuori le spade!
Non è un caso che tutto avviene di notte! La notte parla di oscurità, di desolazione, di crisi, di morte. La notte attraversa la vita di Cristo, la vita di ognuno di noi, di ogni popolo come della Chiesa. A volte la notte ci sorprende inaspettata, a volte gli andiamo incontro, a volte siamo proprio noi a spegnare la luce. Il Vangelo viene a dirci, ancora una volta, che anche Gesù ha conosciuto le tenebre, che Dio, non solo non ci abbandona nella notte, ma la attraversa con noi. Così la passione e morte di Cristo si intreccia con la nostra storia crocifissa, fino a diventare un unico racconto.
Ma c’è un particolare su cui vale la pena oggi fermare la nostra attenzione. Nella notte della passione ci sono delle spade, un’arma che ha segnato la storia dell’umanità, che ha ferito ed ucciso, che ha procurato tanto dolore e morte, che ha risolto i problemi semplicemente eliminando l’altro. La spada, segno di ogni arma, di ogni tempo, c’era anche al monte degli ulivi nella notte della passione, forse nascosta sotto la veste di uno dei discepoli.
E Gesù pronuncia strane parole: “Inizia ora un tempo diverso dagli altri. Inizia la lotta per cui ci siamo preparati da tempo. Chi ha una borsa o una sacca le prenda con sé. E chi non ha una spada, venda il mantello e ne compri una”. Sicuramente vuol dire che un nuovo periodo si apre davanti agli apostoli: sta per iniziare una guerra, i discepoli conosceranno tempi di rifiuto, di ostilità, di persecuzione. Ma attenzione: non è una chiamata al combattimento, tanto è vero che Gesù rifiuta di lasciarsi difendere dalla spada: “Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì”. Forse Cristo è l’unico leader che chiede ai suoi di mettere via le armi.
Nella notte del mondo, tra quegli ulivi, che da sempre parlano di pace, il Signore Gesù ci invita a combattere una guerra diversa da quelle che, ancora oggi, continuiamo a combattere contaminando il creato, distruggendo l’opera delle mani dell’uomo, seminando dolore e morte tra fratelli e sorelle. Si tratta di combattere una guerra non contro qualcuno, ma contro la menzogna, contro l’ingiustizia, contro ogni tipo di violenza e di razzismo.
Ma noi continuiamo ad uccidere dei fratelli e delle sorelle, non impugnando più le spade, perché abbiamo costruito armi terribili, come questi giorni stiamo vedendo in Ucraina, armi che uccidono piccoli e anziani, militari e malati in tante parti della terra. Rimane inascoltata la voce di papa Francesco: “La vera risposta dunque non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare.
Caro Gesù abbiamo più che mai bisogno “fare Pasqua”, di vivere il passaggio dalla guerra alla pace, dalla morte alla vita.
Abbiamo bisogno di fare nostre le parole del profeta antico: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra (Is 2,4).
Signore Gesù Cristo, fa risuonare forte la tua voce dentro ciascuno di noi, a cominciare dai potenti di turno: «Lasciate! Basta così!». Come un giorno hai guarito l’orecchio del servo ferito dalla spada, guarisci anche oggi chiunque porta negli occhi e nel cuore gli orrori della guerra. Porta la tua mano sui corpi dei piccoli, degli anziani, dei giovani militari feriti. Risveglia la coscienza di chi continua ad eseguire gli ordini di uccidere dei fratelli e delle sorelle in modo che mai più si oda il rimbombo delle armi. Arrivi il tuo “basta così” a chiunque continua a ferire ed uccidere. Ai tanti, troppi, morti di ogni conflitto, arrivino le stesse parole che hai detto all’uomo crocifisso con te: “oggi con me sarai nel paradiso”.
Una cosa Gesù ti chiediamo in questa Pasqua: portaci con te nell’orto degli ulivi… ma per raccogliere i frutti di questa pianta ed avere l’olio: come samaritani, senza voltarci dall’altra parte, ci piegheremo e lo verseremo sulle ferite di tutti coloro che, le piccole e grandi guerre, lasciano tramortiti a terra. Amen.