In questo giorno di Natale
portiamo il nostro sguardo
sui presepi realizzati dai nostri ragazzi.
In quasi tutti c’è un cielo stellato.
Un gruppo ha scritto i propri nomi vicino ad ogni astro.
Nel buio del mondo, che sembra infittirsi,
i piccoli ci dicono che c’è sempre una stella
e, grazie alla sua luce, anche nell’oscurità,
possiamo ritrovare la via della pace.
Scrive il profeta Isaia:
“Come sono belli sui monti
i piedi del messaggero che annuncia la pace”.
Ma arrivano ancora notizie ed immagini
di distruzioni e di morte,
e, in lontananza, sembra di sentire
il gemito dei piccoli, il pianto degli anziani,
il lamento delle mamme di giovani soldati morti,
il battito dei denti di chi sente tanto freddo…
tra i rimbombi di micidiali armi!
Scrive ancora il profeta:
“Il Signore ha snudato il suo santo braccio
davanti a tutte le nazioni
tutti i confini della terra vedranno
la salvezza del nostro Dio”.
Rimboccati le maniche Signore
davanti a tutte le nazioni
e ferma ogni guerra, ogni conflitto, ogni invasione,
perché finalmente regni la pace.
Tu che sei “irradiazione della gloria di Dio,
impronta della sua sostanza
e tutto sostieni con la tua parola potente”.
Ma la pace comincia da ognuno di noi!
Vieni Signore Gesù:
aiutaci a costruire relazioni fraterne e pacifiche,
svegliaci dal sonno dell’indifferenza,
donaci di vergognarci delle nostre invidie,
delle nostre gelosie, del nostro chiacchiericcio,
dei rancori alimentati, dei saluti non dati,
degli abbracci negati, dei soli tramontati sulla nostra ira.
In questo giorno di Natale poi,
abbassiamo il nostro sguardo fino al presepe,
piccolo segno del grande mistero dell’Incarnazione.
Scrive l’evangelista Giovanni:
Era nel mondo
E il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
A dire il vero, quasi si fa fatica,
a trovare Gesù nel nostro presepe,
posto com’è in un angolino,
sulle ginocchia di Maria,
accanto al giusto Giuseppe.
Ma è proprio così!
Dio non è invadente,
si propone in maniera discreta,
nella piccolezza di un Bimbo
che chiede di essere accolto.
Il suo stile è diverso da quello del mondo,
che ambisce ad apparire,
ad emergere a tutti i costi,
ad imporre, con fare subdolo,
gli idoli che sempre deludono
e distruggono la bellezza dell’essere umano.
Alcune parole di un cantautore, Simone Cristicchi,
che mi è capitato di leggere qualche giorno fa,
ben sintetizzano lo stile di vita che Gesù
ha incarnato e ci propone:
“Non abbiamo bisogno di urla, ma di sussurri.
Non ci servono schiaffi, ma carezze.
Non dobbiamo apparire forti a tutti i costi,
ma nella fragilità sentire la nostra potenza.
Perché non siamo al mondo per essere perfetti,
ma per essere veri”.
Ci ricordava papa Francesco nell’omelia della notte di Natale:
“E noi siamo chiamati a essere una Chiesa
che adora Gesù povero e serve Gesù nei poveri….
Certo, non è facile lasciare il caldo tepore della mondanità
per abbracciare la bellezza spoglia della grotta di Betlemme,
ma ricordiamo che non è veramente Natale senza i poveri.
Senza di loro si festeggia il Natale, ma non quello di Gesù”.
Infine, in questo giorno di Natale,
posiamo lo sguardo sulle spighe
che Adriano e Concesio,
hanno messo tra i rami di abete e l’agrifoglio;
sulle ostie, fatte con acqua e farina,
dai nostri bimbi del catechismo,
che ornano l’albero di Natale;
su quella pagnotta,
preparata da un fornaio della parrocchia,
come culla per il Bambino Gesù.
Tutto parla di un Dio
buono come il pane!
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Sì!Dio, si fa carne a Betlemme,
“Casa del pane”,
Dio, muore ancora in terre come l’Ucraina,
“Granaio del mondo”,
Dio dona il suo corpo,
anche oggi, nell’Eucarestia
“Pane del cielo”!
Chiede di essere accolto,
non solo nella Parola e nel sacramento,
ma anche in ogni piccolo del mondo,
bisognoso di essere ascoltato, coccolato, accarezzato,
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
Quante volte rischiamo di non riconoscere Gesù,
di trascurarlo, di non ospitarlo nella casa della nostra vita?!
Caro Gesù Bambino aiutaci
ad accorgerci che sei in Roberto,
il ragazzo seduto al primo banco di scuola,
fisso sul suo tablet senza dire una parola
e senza amici con cui dialogare;
a vederti negli occhi lucidi di Lucia e Giordano
costretti a rivolgersi al volontariato vincenziano
per avere alimenti da mettere sulla loro credenza vuota;
a visitarti in nonna Assunta,
magari con la scusa,
di portare del prezzemolo cresciuto sul balcone,
perché da quando è morto Ernesto suo marito
sente tutto il peso della solitudine;
ad accoglierti in Zirasch,
arrivato col barcone, con i piedi feriti,
per aver camminato per giorni,
arrivato in città alla ricerca di un posto dove dormire;
a consolarti in Olga che non riesce a sconfiggere la depressione
dopo che suo marito, invaghito di un’altra, l’ha lasciata
con tre figli da custodire e senza aiuti economici;
a sostenerti in Daniela che lavora a partita Iva
e per tutte le trattenute dello stato, a fine mese
del suo stipendio rimane davvero poco
e Marco che a cinquantanni
non riesce più a sostenere la sua attività
e non trova qualcuno che lo assume;
ad incoraggiarti in Andrea,
uno dei pochi giovani rimasti in parrocchia,
che sta pensando di andarsene
perché non ne può più del troppo chiacchiericcio,
delle chiusure, delle continue invidie e gelosie,
presenti nella comunità;
A quanti però l’hanno accolto
Ha dato potere di diventare figli di Dio;
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
Caro Gesù Bambino,
riempi il nostro cuore di infinita tenerezza
perché possiamo venirti incontro
ed accoglierti concretamente
in ogni fratello e sorella
scartati, messi da parte, rifiutati.
Aiutaci a dare carne alla nostra fede,
perché non venga a mancare la speranza
e, in questa storia, si faccia sempre più spazio
il tuo amore così da poter finalmente
tornare a gioire e cantare,
non perché tutto va bene,
ma semplicemente perché ci sentiamo abbracciati da Te.
Buon Natale.