- FACCIAMO L’UOMO, A NOSTRA IMMAGINE, SECONDO LA NOSTRA SOMIGLIANZA
Abbiamo iniziato l’ascolto della Parola di Dio dalla narrazione della creazione. Questa è la notte in cui veniamo “ri-creati” in Cristo Gesù. Vorrei fermare l’attenzione su un particolare di questo racconto, e cioè su quel “plurale” usato da Dio: “facciamo l’uomo, a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza”. Un versetto che ha fatto discutere molti gli esegeti. Una delle spiegazioni date, alla luce del Nuovo Testamento, è la rivelazione, fin dall’inizio, di un Dio che è Trinità. E’ come dire che siamo stati sognati dal Padre, nella forma del Figlio e vivificati dallo Spirito. E se siamo “ad immagine e somiglianza” di Dio, questo vuol dire che siamo stati pensati ‘insieme’. Dio è amore, e l’amore ha sempre bisogno di un ‘tu’ a cui dire il proprio ‘si’, per vivere quell’unità che lo Spirito realizza. Così anche noi, vocati all’amore, siamo tutti diversi, ma fatti per la comunione. Abbiamo una “struttura” comunitaria nel DNA: non possiamo fare a meno dell’altro, non possiamo dimenticare che siamo “fratelli tutti”.
Guardate queste canne di bambù che ornano la Chiesa: si reggono perché i nostri scout ne hanno messe tre insieme e perché sono legate tra di loro. Richiamano il mistero trinitario di Dio, ma anche il mistero della Chiesa, ed oserei dire dell’umanità. Nella misura in cui siamo capaci di legarci gli uni agli altri faremo conoscere al mondo la bellezza del volto di Dio e vivremo nella pace.
Carissimi riscopriamo la bellezza del cammino sinodale che la Chiesa ci propone. Il camminare insieme, non toglie la libertà, non ci depaupera della nostra unicità e irrepetibilità: la diversità è in vista dell’unità e solo la verità ci farà liberi. La verità è che una canna di bambù, da sola, non regge una composizione di fiori, ha bisogno di appoggiarsi alle altre. Così come chi vive per sè stesso non fa sbocciare la vita, perché la vita ci è stata donata per donarla, per intrecciare relazioni autentiche. E, se notate, l’essere legati insieme non esclude la diversità, tanto è vero che ogni bambù è particolare, ma unico è il disegno. Viviamo tutta la faticosa bellezza della fraternità. Dio chiede anche a noi, come ad Abramo, nostro padre nella fede, di non stendere la mano contro nessuno, ma di essere generatori di vita e di pace, perché il suo popolo sia numeroso “come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare”.
2. TUO SPOSO E’ IL TUO CREATORE –
Ma il Signore non si è limitato a donarci la vita. Ha accompagnato il suo popolo lungo il cammino della storia, e quando è arrivata la terribile esperienza della schiavitù in Egitto, ha chiamato Mosè per condurlo verso la terra della libertà. Questa infatti è la notte in cui il Signore è passato in mezzo agli israeliti, hanno celebrato la pasqua e, insieme, come popolo, si sono incamminati verso la terra promessa. Un cammino che conoscerà paure e resistenze. Ecco perché il Signore dice a Mosè: “Perché gridi verso di me? Ordina agli israeliti di riprendere il cammino”.
Carissimi questa parola di Dio arriva anche a noi. Il Signore, come ha fatto un tempo con Israele, ci chiede di abbandonare le lamentele, di mettere da parte le mormorazioni, di non gridare verso di Lui ma, dopo un tempo non facile, come quello segnato dalla pandemia, che forse ancora ci tocca a livello interiore, ci incoraggia a riprendere il cammino “allo splendore della sua luce”. Non per fare le stesse cose di prima, sappiamo che la società sta cambiando a ritmi vertiginosi, ma per metterci in ascolto, attento e obbediente, di quanto lo Spirito va dicendo alla Chiesa.
Guardiamo ancora queste canne di bambù: sostengono rami di fiori, richiamano un addobbo sponsale! Ed è proprio così: al di là dell’attenzione al linguaggio, alle modalità più rispondenti ai tempi, il cammino che il Signore ci propone ha come meta un banchetto di nozze che vivremo nel regno dei cieli e che ora è prefigurato dall’Eucarestia. Abbiamo ascoltato le parole del profeta Isaia: “Tuo sposo è il tuo creatore”, ed abbiamo gioito per quanto ha aggiunto: “anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, ne vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia”! Sono parole che ci aiutano a vincere la “stanchezza della speranza”, ad entrare in questa relazione tra Cristo sposo e la Chiesa sposa.
Carissimi, questa è la notte della nuova ed eterna alleanza, la notte sponsale, la notte che precede l’alba in cui rifiorisce l’amore tra Cristo la Chiesa. E’ un amore possibile perché il Creatore ha messo dentro di noi un desiderio nuovo, un cuore nuovo, uno spirito nuovo, come dice il profeta! Questa è la notte in cui ci lasciamo amare da questo sposo: sappiamo infatti che, non le cose, ma le relazioni ci rendono felici. E la relazione più bella, quella che dà senso e forza a tutte le altre, a cominciare da quelle familiari, è quella tra Cristo, lo sposo fedele, e la Chiesa, che pure noi formiamo, la sposa amata!
- NON TEMETE ANDATE AD ANNUNCIARE AI MIEI FRATELLI CHE VADANO IN GALILEA: LA MI VEDRANNO.
Carissimi, nei giorni che sono appena passati, il nostro sguardo si è posato sulla tomba di Cristo. Ora sappiamo che è diventata vuota. La vita non si può rinchiudere! Mentre albeggia, vedremo impensabili possibilità. Nessuno è destinato a rimanere sottoterra. Possiamo riprendere il cammino. Non possiamo fermarci. Il Vangelo ci dice che le donne abbandonarono il sepolcro e si misero addirittura a correre per portare l’annuncio che Cristo è risorto. Riprendiamo anche noi il cammino, coinvolgendo anche altri: anche i volti apparentemente stranieri, in fondo rivelano gli stessi tratti, quelli dell’unico Dio, ed in ogni volto spunta sempre una nascosta bellezza, di cui abbiamo bisogno.
Ce lo ripete Gesù: “Non temete andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: la mi vedranno”. La galilea indica la quotidianità ed allora l’augurio che ci facciamo è di tornare ai nostri ambienti di vita per incontrare lì il Risorto, qui lo abbiamo incontrato nella Parola di verità e lo accoglieremo nel Pane del cielo, nella ferialità ci verrà incontro nei tanti e, a volte inattesi, compagni di viaggi, soprattutto in chi è abbandonato. E’ proprio attraverso di loro che Cristo ama far arrivare le sue carezze.
Con don Tonino Bello diciamo anche noi: “Santa Maria, donna del terzo giorno, destaci dal sonno della roccia. E l’annuncio che è Pasqua pure per noi, vieni a portarcelo tu, nel cuore della notte”