Il libro dell’Apocalisse ci costringe ad un continuo movimento dall’alto in basso. C’è una donna è in alto (in cielo), che fugge al dragone rifugiandosi nel deserto (dunque in terra, in basso). C’è un bambino che è rapito in alto, verso il trono di Dio e quindi partorito in terra. In cielo si innalza un canto che termina rivolgendosi a un “voi” che è sulla terra. La storia continua, poi, sulla terra fra il drago, la donna e i suoi discendenti. Viviamo in un mondo che fa fatica ad alzare gli occhi oltre l’orizzonte terreno ed allora la Scrittura ci ricorda, anche attraverso la contemplazione dell’Assunzione della vergine Maria, che oltre la terra esiste anche il cielo.
Fermiamo l’attenzione sui due personaggi principali del testo dell’apocalisse: la donna e il drago. Soltanto questi due personaggi sono chiamati segni. “Apparve nel cielo un segno grandioso“: Il termine segno indica un messaggio da decifrare e se appare nel cielo vuol dire che non appartiene al mondo terreno, anche se, poi, è al servizio di una storia che ha il suo svolgimento terrestre. Si parla dunque di “una donna vestita di sole“: Il segno portante è dunque la donna. Sole, luna e stelle sono ornamenti della donna. Se il sole dice lo splendore e la luminosità di Dio, la luna evoca il tempo dell’uomo, i giorni e le stagioni. La luna è sotto i piedi della donna, dunque è la donna che ne tiene il dominio. Le stelle disposte sul capo come corona, indicano la regalità che riguarda le 12 tribù di Israele e i 12 apostoli cioè il popolo dell’Antico Testamento e quello del nuovo che formano un solo popolo di Dio. La donna quindi è gloriosa e regina ma ad un certo punto è descritta nella sofferenza di un parto difficile e faticoso:” è incinta e grida nelle doglie e nel travaglio del parto “. Si passa così dal cielo alla Terra. Il segno celeste si fa storia.
Poi si dice; “E apparve un altro segno nel cielo ” di cui non è detto che è ‘grande’.. Apparentemente è più potente e grandioso del segno della donna, e tuttavia non è grande. Questo vuol dire che la potenza del male è sempre limitata.
C’è da vedere secondo l’autore sacro la forza del drago ma soprattutto la sua sconfitta. “Ha sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi”: anche il drago, dunque, pretende una regalità (le corone), ma rovesciata rispetto a quella di Dio. Scaraventa le stelle sulla terra perché il suo intento è di distruggere la creazione riportando il caos. Ma l’avversario del drago è soprattutto il Bambino che la donna sta per partorire. Ora la potenza del drago impaurisce, ma non è illimitata; lo è solo quella di Dio. Infatti gli sfugge il bambino e gli sfugge la donna.
Non c’è dubbio: il bambino è il Messia la cui storia è racchiusa tra la nascita messianica attraverso la passione e la croce (il travaglio e i dolori del parto) e l’innalzamento (rapimento) verso Dio e la sua signoria (il trono). Anche qui ritroviamo il movimento terra-cielo! Il bambino è rapito in alto ed è salvo per sempre. La vittoria sul drago è compiuta. Il bambino è salvato e vittorioso, mentre la donna è ancora in pericolo. Ma anche la donna fugge nel deserto, al riparo, nel luogo preparato da Dio. Il deserto è biblicamente il luogo della prova e della protezione. L’inno che conclude il brano dell’Apocalisse afferma che Cristo e i credenti sono i vincitori. Possiamo sconfiggere il maligno partecipando alla vittoria di Cristo.
I due segni dell’Apocalisse mettono in risalto l’opera redentrice di Cristo che avviene grazie a questa donna. La tradizione ha visto in lei la Vergine Maria e la stessa chiesa di cui è immagine e primizia. La festa dell’Assunzione di Maria rianima la nostra speranza, viene a ricordarci che oltre la terra c’è il cielo, che il maligno che porta la morte è già stato vinto, che nonostante i colpi di coda del drago, si può tornare a cantare perché, come dice l’apostolo “Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” e “in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo… L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi”.
Con Maria diamo spazio alla lode, come lei mettiamoci a cantare Dio che sconfigge il drago. Qualcuno ha scritto che “la differenza tra il paradiso e l’inferno è la differenza che c’è tra la lode e la lagnanza”. E non è un caso che ogni sera dalla Chiesa si innalza il magnificat proprio quando la notte ci fa paura con le sue tenebre. Un canto che ci riporta dentro il movimento dell’alto in basso: lodiamo Dio perché guarda dall’alto la ‘bassezza’, l’umiltà della sua serva e in lei guarda ciascuno di noi! Siamo il punto di arrivo dello sguardo d’amore di Dio!
Facciamo nostre le parole di don Tonino Bello: “Santa Maria, donna dell’ultima ora, quando giungerà per noi la grande sera e il sole si spegnerà nei barlumi del crepuscolo, mettiti accanto a noi perché possiamo affrontare la notte. È un’ esperienza che hai già fatto con Gesù, quando alla sua morte il sole si eclissò e si fece gran buio su tutta la terra. Questa esperienza, ripetila con noi. Piàntati sotto la nostra croce e sorvegliaci nell’ ora delle tenebre. Liberaci dallo sgomento del baratro. Pur nell’eclisse, donaci trasalimenti di speranza. Infondici nell’ anima affaticata la dolcezza del sonno”.